La montagna è uno dei luoghi più amati per le vacanze estive, con un incremento importante delle richieste e delle offerte da quando il Covid-19 è diventato una componente quotidiana della nostra vita. È un dato positivo per chi si occupa di turismo, albergatori e ristoratori hanno la possibilità di prendere fiato dopo due stagioni invernali mancate, quelle che generalmente sono considerate fondamentali per il sostentamento delle montagne “attrezzate”.

Nei fatti accade che, per poco più di un mese, le terre alte sono sconvolte da una quantità di montanari-cittadini alla ricerca di Heidi e delle sue caprette, che usano e consumano la montagna. E in questa moltitudine mi sento protagonista anche io che amo l’ambiente montano, in realtà in tutte le stagioni, e come molti compari sono cresciuta col mito della pastorella svizzera.
Dell’influenza di Heidi sul turismo montano sono stati fatti diversi studi e scritte diverse tesi di laurea. Il tema è interessante perché buona parte dell’immaginario popolare e collettivo della montagna arriva proprio dal pennello di Miyazaki, padre elettivo della pastorella, per cui la montagna è fatta di prati verdi, paesaggi immensi, placidi ruscelli e tempo per sdraiarsi a contemplare le nuvole. Perfetto per una vacanza, o per un gioco su smartphone, ma la montagna esiste tutto l’anno e sebbene il turismo sia ad oggi una risorsa importante, non basta per rendere la vita in montagna sostenibile e poetica.

Questa estate, per rimanere vicini temporalmente, ci ha mostrato chiaramente i problemi della mala gestione delle montagne, anche quelle più gettonate dai turisti: dagli incendi (in Calabria, Sardegna, Sicilia, Molise) alle frane e allagamenti sulle Alpi, ci mostrano quanto fragile sia questo territorio e quanto lavoro sia necessario e impellente ben progettare e ben realizzare.
La sostenibilità dalla montagna è trasversale perché più che in altri territori l’equilibrio tra natura e persone è in uno stretto legame quotidiano. È quindi fuor di dubbio che questo equilibrio sia da cucire, ricucire e recuperare ed è realistico affermare che è qui che si gioca la sfida della modernità.
Dal management dei territori montani dipende la sostenibilità di tutte le comunità: pensiamo alla gestione dell’acqua in primis, ma anche a quella del legname, senza avventurarci sul tema della produzione dell’ossigeno dell’aria che respiriamo. Possiamo quindi affermare che la vita di ciascuno di noi è imprescindibilmente legata al benessere dei boschi e dei versanti montani.

Teniamo anche contro che il peso della gestione territoriale dipende da chi sta a monte per cui è in questi luoghi che occorre creare i vantaggi e le condizioni ottimali per rendere la montagna un bel posto dove vivere, non solo ad agosto o nelle vacanze di Natale, perché la gestione del territorio si può fare se le persone nel territorio ci vivono e le presiedono!
Parliamo di opportunità di lavoro e di infrastrutture, dalle connessioni internet fino alle scuole e ai mezzi pubblici, parliamo di proposte culturali e luoghi di aggregazione di qualità, quei servizi alla cittadinanza che sulla carta sono tanto cari alla politica. Tutto per concorrere ad una alta qualità della vita. Per dare qualche misura, in Italia i comuni classificati come totalmente montani nel 2017 (Rapporto Montagne Italia) erano 3.471 (il 43,4% del totale dei comuni italiani) ed ospitavano una popolazione di 8.900.529 abitanti (il 14,7% della popolazione nazionale) su una superficie di 147.531,8 kmq (il 48,8% del territorio nazionale) con una densità di 60,3 abitanti/kmq rispetto ad un valore medio nazionale di 200,8.
È quindi ovvio che la montagna è molto più vicina di quel che pensiamo.
Sarà interessante consultare i dati demografici più recenti per indagare le variazioni della popolazione montana a partire dal 2020, anno in cui l’attenzione verso le aree remote è cresciuto in seguito alla pandemia che ha sconvolto le nostre abitudini. Sarà stato un amore provvisorio dettato da una esigenza di fuga dalla città o si può parlare di cambio di tendenza?