Siamo partiti per un viaggio in giro per l’Italia alla ricerca di vecchie ricette e tradizioni (quasi) perdute. La prima tappa l’abbiamo fatta in Abruzzo, tesoro di tradizioni e bellezza, dove nonna Ginetta, fondatrice della trattoria Ristorante Villa Maiella a Guardiagrele, ci ha fatto conoscere una ricetta sorprendentemente povera e ricchissima di sapore, quel sapore avvolgente, di casa, di focolare. Siete pronti per sapere di cosa parliamo?

 

Eccovi svelata la prima cartolina d’Italia: le corde de chiochie al ragù del povero.
Villa Maiella è un luogo straordinario, dove la passione e l’amore per il buon cibo è stata tramandata da Ginetta prima al figlio Peppino e sua moglie Angela, ed ora anche ai due nipoti Arcangelo e Pascal, rispettivamente chef e sommelier di quello che è oggi il ristorante stellato Villa Maiella.

In questo ristorante si vive una esperienza piena e appagante, dove la cucina ancora ben salda nei sapori della tradizione si è evoluta in chiave contemporanea, con maggiore leggerezza ed un perfetto bilanciamento nei sapori, il tutto accompagnato da un’incredibile selezione di vini territoriali tutti da scoprire. La famiglia Tinari, oltre al ristorante ed hotel, recentemente produce buona parte delle carni e degli insaccati, che serve al ristorante, all’interno di una piccola fattoria dove allevano maiali neri d’Abruzzo. Potete solo immaginare la bontà della selezione dei salumi che trovate in carta – ma questa è un’altra storia.  L’amore per questo luogo e la voglia di condividere e trasmettere l’incredibile patrimonio culinario di questa terra, si respira nello sguardo di Peppino, nella solarità di Angela, nell’entusiasmo dei due giovani Arcangelo e Pascal, ed ancora negli occhi sorridenti della nonna Ginetta, che, dopo un primo momento di imbarazzo, era raggiante al pensiero di condividere con noi una ricetta di quando era ancora saldamente al comando della sua cucina nell’antica Trattoria di Villa Maiella.

Torniamo quindi alla ricetta recuperata con questa prima cartolina in terra d’Abruzzo, le corde de chiochie al ragu del povero.

Anzitutto le corde de chiochie cosa sono?

Sono una variante di dei più famosi spaghetti alla chitarra, in versione più grossa. Le chiochie, mi ha raccontato Angela (nuora di Ginetta) erano delle particolari calzature dei pastori e del ceto sociale meno abbiente del chietino. Queste chiochie erano legate con lunghi lacci di cuoio molto robusti, da qui deriva il nome per la similarità con la forma di questa pasta.

Poi c’è questo fantomatico ragù del povero. Povero perché è un ragù senza carne, ma sicuramente non povero di sapore, anzi saporitissimo, per la gioia non solo nostra, ma di tutti i vegetariani del mondo. Infatti si prepara con le uova, che vengono “trattate come un arrosto”. Le uova, priva vengono bollite, poi tagliate a metà ed insaporite con pecorino, prezzemolo tritato (ma si possono usare anche altre erbe aromatiche), aglio, sale, pepe e legate con lo spago. Vengono poi soffritte nell’olio fino a ottenere una crosticina sottile e dorata all’esterno, dopo di che si aggiunge il sugo di pomodoro e si lascia andare il sugo fino a cottura.

Una volta pronto, un paio di uova vengono schiacciate con la forchetta, per rendere in sugo ancora più cremoso e corposo. E la cosa incredibile è che il sugo sa proprio di arrosto, è uno di quei piatti confortanti, che non ti stanchi mai di mangiare, dove gli spaghetti alla chitarra con la loro rugosità imprigionano la salsa ed è un matrimonio meraviglioso.

Ora la nerd che è in me, reclama la sua voce ed ci sono un paio di cose molto interessanti sulla pasta che voglio condividere con voi. Per fare gli spaghetti alla chitarra come si deve, dovete impastare sempre nella stessa direzione, ovvero creare una pagnotta lunga, poi ripiegare le estremità verso il centro e ricominciare a impastare. In questo modo, una volta tirata la sfoglia, questa ha un verso lungo il quale il taglio viene bello pulito, come quando, mi ha rivelato Angela, si strappa un foglio di giornale, in un senso lo strappo è liscio, nell’altro è zigzagato. L’altra cosa, sicuramente non tecnica, è che qui tutta la pasta è chiamata maccarune, e per questo dettame della lingua anche gli spaghetti diventano maccarune ma cun l’ove, per le uova nell’impasto.

Un po’ come in Romagna dove tutta la pasta è amnestra-minestra, anche se poi non va a finire nel brodo.

Chiudo questa prima cartolina, dicendovi che sí, le genti d’Abruzzo e la loro terra ci hanno rapite, per la loro bellezza, genuinità e accoglienza.

Le parole di Primo Levi “Abruzzo forte e gentile” non potrebbero essere più calzanti e la famiglia Tinari ne è un perfetto esempio. Grazie Villa Maiella e grazie Abruzzo, per essere un meraviglioso luogo d’Italia tutto da scoprire.

PS: un grazie speciale a Peppino che mi ha donato una chitarra tutta mia con cui produrre dei fantastici maccarune all’ove!


Articolo scritto da Candida Visaggi di Mattarello(a)way.

 

Il progetto Cartoline d’Italia è nato in collaborazione con il progetto Mattarello(a)way, con cui condividiamo filosofia e vision.

“Tutto nasce dal mattarelloin dialetto romagnoloe’ s-ciadùr. E’ lo strumento che porteremo in giro per il mondo durante i nostri viaggi: il mattarello away, lontano. Ma sarà anche lo strumento come via, come mezzo per conoscere persone, perché l’essenza di Mattarello(a)way è lo scambio cultural-culinario, una condivisione di cultura e cibo attorno ad un tavolo, in una sorta di gemellaggio Romagna – mondo. Quello che proponiamo è di preparare e fare assaggiare i piatti tipici della Romagna, dove le minestre fatte al mattarello la fanno da padrone e proporre un baratto culinario con chi vorrà mostrarci e condividere una sua ricetta.
Poniamo al centro le donnesono quasi sempre loro a trasmetterci l’amore per la cucina, per la preparazione, per la condivisione. Cercheremo mamme e nonne che vogliano insegnarci i loro piatti, così come è stato tramandato loro. Potremo vedere gli ingredienti e seguire la preparazione”.

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