La sostenibilità vestita di greenwashing

I francesi chiamano ciò che è sostenibile durable: essere sostenibili significa in effetti far durare nel tempo, “allungare la vita” di quanto produciamo e consumiamo. Sulla durata si fonda anche la necessità di uscire da una logica di pensiero lineare e accumulatrice, che tratta le risorse del pianeta come infinite, per agire invece in un’ottica circolare, valorizzando l’uso integrale delle materie prime, favorendo la produzione del packaging con materiali di riciclo, adottando pratiche agricole rigenerative a ciclo chiuso che non ricorrano a input esterni quale la chimica di sintesi.

Quando nell’accingerci a fare un acquisto vogliamo scegliere l’opzione sostenibile, badiamo che la sostenibilità comunicata abbia un effettivo corrispettivo in quella praticata. Consapevoli del fatto che quest’ultima è un processo lungo e tortuoso che non prende immediatamente forma, ma implica un ripensamento strutturale e sul lungo termine – durable, per l’appunto – che molte aziende non possono aver già fatto.

Per altro la sostenibilità vestita di greenwashing è una pratica pericolosa oltre che ingannevole: marcia sull’ingenuità e sulla mancanza di adeguate informazioni ai cittadini, facendo ricadere sotto l’ombrello della tutela dell’ambiente operazioni che poco hanno a vedere con questo valore.

CONSAPEVOLEZZA COME POTENTE ESERCIZIO DI CITTADINANZA ATTIVA E DI EMANCIPAZIONE

Dobbiamo essere consapevoli del fatto che la sostenibilità non si esaurisce in uno o più semplici gesti, pur significativi; ci impone una vera e propria trasformazione culturale ma anche operativa in cui l’attenzione per l’ambiente diventa una condizione necessaria del vivere comune, non più un fattore alla totale mercé del mercato.

Anzi pensiamo che la consapevolezza rispetto alle scelte alimentari dovrebbe essere considerata un dovere morale da esigere in primis per il rispetto di Noi Stessi. Perché il cibo con cui ci nutriamo è un elemento indispensabile per la cura della nostra salute fisica ma, in virtù del piacere che ci dà il cibo, anche di quella mentale e spirituale.

Essere consapevoli permette di andare oltre a indicatori di qualità “oggettivi”, come possono essere il biologico, il Fairtrade (commercio equo e solidale), il chilometro zero, la denominazione di origine. Essere consapevoli consente di creare una scala di valori che vanno a definire ciò che per ognuno di noi è un cibo buono, pulito e anche giusto: un cibo veramente di Qualità.

Aumentare la Consapevolezza

La Consapevolezza è alcune delle tematiche utili ad aumentarla:

LA NOSTRA SALUTE
Sapere che alcuni alimenti sono sani, nelle giuste quantità, tenendo conto della stagionalità. Occorre fare attenzione alle preparazioni che richiedono un elevato consumo di gas o di altra fonte energetica, così come a quelle che depauperano i principi nutritivi benefici.

IL PREZZO
Combinazione tra costo del bene e oscillazioni del mercato. Il mercato locale e la filiera corta sono salvifici per i produttori che hanno la possibilità di proporre i loro beni a prezzi equilibrati.

L’ACQUA
La realizzazione di un prodotto comporta una differente impronta idrica, e l’acqua è indispensabile per la vita. É quindi fondamentale avere la percezione del suo uso per fare scelte consapevoli.

PRODUZIONE CIRCOLARE
L’uso integrale delle materie prime. L’attenzione al prodotto nella sua integrità è il modo migliore per ottimizzare la filiera apportando anche un notevole beneficio economico.

I VALORI ENERGETICI DELLA PRODUZIONE
Costituiscono il peso maggiore nelle prime fasi della filiera, con variabili molto ampie; se derivano, per esempio, da coltivazioni in serra hanno un costo molto diverso da quelle in campo aperto; le coltivazioni intensive hanno valori lontani dalle estensive e, ancora, grandi differenze sono imputabili al luogo, alla giacitura dei suoli, al clima.

IL PACKAGING
Esso può, per esempio, aumentare la vita dei prodotti, ma se questi non sono consumati rendono altamente improbabile un recupero circolare. Non solo, il peso incide considerevolmente sui costi del trasporto, oltre che su quelli vivi della produzione dell’imballaggio stesso. Inoltre, non tutti i materiali sono facilmente biodegradabili. Il rispetto dell’ambiente è quindi figlio di tanti fattori.

Abbiamo sintetizzato alcune delle tematiche principali da tenere in considerazione, ma i punti da affrontare sono sicuramente più ampi e complessi. L’obiettivo è offrire spunti di riflessione – con spiegazioni semplici e dirette – in grado di proporre una visione generale per avere un approccio consapevole.

CUCINA CIRCOLARE: Quando la forma diventa sostanza

Mimando quanto già avviene in natura, dove non esistono sprechi, il paradigma circolare presuppone di riprogettare gli strumenti con cui rispondiamo ai nostri bisogni e attraverso i quali dovremmo garantire alle future generazioni le medesime opportunità.

Un punto di partenza è sicuramente il cibo e per sviluppare un cambio di prospettiva è necessaria attenzione alla biodiversità, alle comunità, alla qualità di relazioni e comportamenti, a quella circolarità  materia nel corpo umano e la sua consequenziale trasformazione in energia per la vita. Insomma a ciò che spinse il filosofo Ludwig Feuerbach ad affermare «Noi siamo ciò che mangiamo». Ed è proprio tramite il cibo, indagato come flusso di materia, energia e informazioni, che la cucina circolare trova la sua essenza. Non solo un modello legato alla valorizzazione di rifiuti o sottoprodotti ma una pratica che orienta le sue priorità alla rigenerazione del capitale naturale, al rispetto dei limiti planetari, all’obiettivo di offrire uno spazio equo alla società civile.

L’umanità deve quindi andare oltre le ragioni del profitto, offrendo una visione omologata dei bisogni primari. Tutto ciò deve accadere anche in cucina, luogo dove la linearità del sistema produttivo si è spesso contraddistinta per la sua limitatezza nel concepire uso e finalità di un determinato ingrediente, a partire dal presupposto fallace della disponibilità infinita e dell’abbondanza di risorse facilmente reperibili e a basso prezzo. Nella cucina circolare, partendo dalla consapevolezza del limite, dal frenare gli eccessi, cambia l’approccio all’ingrediente i cui componenti (parti meno nobili e sottoprodotti), forniscono un ampio ventaglio di impieghi estesi a quanto avverrà dopo il suo uso/consumo. Insomma, un atteggiamento rigenerativo nei confronti del buon senso, con la finalità di dare forma e sostanza, piatto dopo piatto, alla conversione ecologica.

Consigli consapevoli La cucina circolare non è «un modello legato esclusivamente alla valorizzazione di rifiuti o sottoprodotti» ma «una pratica che orienta le sue priorità alla rigenerazione del capitale naturale, al rispetto dei limiti planetari, all’obiettivo di offrire uno spazio equo alla società civile». Motivi etici ci devono spingere ad utilizzare integralmente i prodotti e le materie prime, approccio che come tradizione ci insegna, spesso contraddistingue preparazioni eccellenti.

Franco Fassio, systemic designer, ricercatore e docente all’Unisg di Pollenzo, delegato per le Politiche di sostenibilità dell’ateneo e per le Relazioni con le aziende e la Regione Piemonte, membro dell’Osservatorio ADI (Food Design)

Nadia Tecco, economista ambientale dottore in Analisi e governance sviluppo sostenibile, docente all’Uniss di Pollenzo del corso Systemic Design for Circular Economy for Food, project manager del Green Office dell’Università Torino.

La Logistica Consapevole

Prima ancora di parlare di trasporto va analizzato in modo sistemico il modello che governa il mondo dei trasporti: la logistica.

E’ l’insieme delle attività organizzative, gestionali e strategiche che governano nell’azienda i flussi di materiali e delle relative informazioni dalle origini presso i fornitori fino alla consegna dei prodotti finiti ai clienti e al servizio post-vendita.

Significa che prima ancora di “caricare il camion” per avviare la catena del trasporto, sia essa lunga o corta, si deve ben analizzare come il prodotto potrà essere reso disponibile al consumo, utilizzando metodologie di progettazione come l’ecodesign o design sistemico e definendo dall’inizio parametri con cui misurare le sue performance ambientali.

Mentre risulta assai complesso misurare la sostenibilità del cibo, è senza dubbio più semplice calcolare la distanza che percorre un prodotto e il suo impatto, per esempio in termini di CO2 per kg di merce/km.

Il tasso di autosufficienza alimentare di una provincia media non supera allo stato attuale il 20% per cui dovremmo ripensare il sistema alimentare per ricostruirne uno più resiliente e sostenibile, che veda proprio nella logistica di prossimità il suo maggior valore, garantendo la freschezza del cibo stesso.

Un sistema che sia basato sui reali fabbisogni nutrizionali e il ruolo del cibo nella prevenzione della salute pubblica. Le indicazioni dietologiche “convenzionali” hanno dato troppo valore alla proteina animale.
Il modello che governa oggi il sistema alimentare, basato sull’efficienza economica per pochi e sullo spreco di tanti, è pieno di paradossi e contraddizioni. Tutti pensiamo che l’acqua in bottiglia di vetro sia più ecologica di quella in plastica, ma in pochi bevono “‘acqua del sindaco” in borraccia riutilizzabile, senza dubbio la più sostenibile. Questo per dire che il mercato offre di tutto, ma e nella consapevolezza dell’uomo, solo li, che si trova la risposta migliore.

Per altro non dimentichiamo che inquinare costa e promuovere una logistica sostenibile, di prossimità, significa tutelare l’ambiente e la salute pubblica, nostra e delle generazioni future. Una logistica inefficiente arreca danni a tutto e a tutti per la congestione e ‘inquinamento, generatore di una quota significativa delle emissioni che uccidono oltre 50 000 persone all’anno in Europa, ed è fortemente influenzata dalla cattiva organizzazione del trasporto merci o per meglio dire della logistica del cibo.

CONSIGLI CONSAPEVOLI
Possibili soluzioni: abbinare al codice a barre di ogni confezione il luogo di produzione, una tabella con i km percorsi per arrivare al punto vendita e riportarli sullo scontrino. Inserire elementi relativi all’impatto di un prodotto in termini di CO2, per kg di merce km. Si potrebbero permettere al cliente di optare per la scelta meno impattante.

maurizio mariani, direttore di Eating City ha fondato e presieduto Risteco, ricercatore e consulente di logistica del cibo