Mimando quanto già avviene in natura, dove non esistono sprechi, il paradigma circolare presuppone di riprogettare gli strumenti con cui rispondiamo ai nostri bisogni e attraverso i quali dovremmo garantire alle future generazioni le medesime opportunità.
Un punto di partenza è sicuramente il cibo e per sviluppare un cambio di prospettiva è necessaria attenzione alla biodiversità, alle comunità, alla qualità di relazioni e comportamenti, a quella circolarità materia nel corpo umano e la sua consequenziale trasformazione in energia per la vita. Insomma a ciò che spinse il filosofo Ludwig Feuerbach ad affermare «Noi siamo ciò che mangiamo». Ed è proprio tramite il cibo, indagato come flusso di materia, energia e informazioni, che la cucina circolare trova la sua essenza. Non solo un modello legato alla valorizzazione di rifiuti o sottoprodotti ma una pratica che orienta le sue priorità alla rigenerazione del capitale naturale, al rispetto dei limiti planetari, all’obiettivo di offrire uno spazio equo alla società civile.
L’umanità deve quindi andare oltre le ragioni del profitto, offrendo una visione omologata dei bisogni primari. Tutto ciò deve accadere anche in cucina, luogo dove la linearità del sistema produttivo si è spesso contraddistinta per la sua limitatezza nel concepire uso e finalità di un determinato ingrediente, a partire dal presupposto fallace della disponibilità infinita e dell’abbondanza di risorse facilmente reperibili e a basso prezzo. Nella cucina circolare, partendo dalla consapevolezza del limite, dal frenare gli eccessi, cambia l’approccio all’ingrediente i cui componenti (parti meno nobili e sottoprodotti), forniscono un ampio ventaglio di impieghi estesi a quanto avverrà dopo il suo uso/consumo. Insomma, un atteggiamento rigenerativo nei confronti del buon senso, con la finalità di dare forma e sostanza, piatto dopo piatto, alla conversione ecologica.
Consigli consapevoli La cucina circolare non è «un modello legato esclusivamente alla valorizzazione di rifiuti o sottoprodotti» ma «una pratica che orienta le sue priorità alla rigenerazione del capitale naturale, al rispetto dei limiti planetari, all’obiettivo di offrire uno spazio equo alla società civile». Motivi etici ci devono spingere ad utilizzare integralmente i prodotti e le materie prime, approccio che come tradizione ci insegna, spesso contraddistingue preparazioni eccellenti.
Franco Fassio, systemic designer, ricercatore e docente all’Unisg di Pollenzo, delegato per le Politiche di sostenibilità dell’ateneo e per le Relazioni con le aziende e la Regione Piemonte, membro dell’Osservatorio ADI (Food Design)
Nadia Tecco, economista ambientale dottore in Analisi e governance sviluppo sostenibile, docente all’Uniss di Pollenzo del corso Systemic Design for Circular Economy for Food, project manager del Green Office dell’Università Torino.
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