Recupero /re·cù·pe·ro/ sostantivo maschile (Oxford Languages)
- Riacquisto del possesso, della disponibilità di un oggetto o di un bene o di quant’altro si temeva definitivamente perduto o distrutto
- fig. L’oggetto del riacquisto può identificarsi in una condizione positiva o vantaggiosa (r. delle energie, della salute, della funzionalità di un arto) e, riferito a persone, in un reinserimento nella vita sociale per mezzo di un’opera di rieducazione
Positivo e vantaggioso, questo è il recupero di cui vogliamo parlarvi e in particolare quello riferito alla cucina, perché l’accezione scelta dall’Oxford Languages sottolinea l’opportunità appetitosa e gustativa che abbiamo (letteralmente) fra le mani e in più, mai come oggi, è proprio a tavola che si combatte la partita della sostenibilità. Sul cibo gravitano gli interessi internazionali, dal disboscamento alla desertificazione e le nostre scelte quotidiane possono fare la differenza. Acquistare da piccoli produttori, preferire prodotti di qualità, prediligere la biodiversità, sono piccoli gesti quotidiani per esprimere la nostra opinione. Non dimentichiamo che solo dieci anni fa i prodotti biologici erano quasi una chimera, soprattutto nei supermercati e di conseguenza nelle produzioni, mentre oggi sono diffusi e oggetto di scelte politiche.
Cos’è il recupero in cucina?
Il recupero della tradizione e della memoria, ovvero ciò che ci serve per mantenere salde le nostre radici e solida la cultura territoriale. È la base della propria identità, quella da cui partire, purché non sia zavorra. In gastronomia potrebbe essere l’osservazione della nonna mentre cucina e la volontà a imitarla per replicare le delizie della tavola, ma mettendoci quello che abbiamo assaggiato dalla zia. Che poi è quello che è successo anche a molti grandi chef.
Il recupero dell’integrità delle materie prime. Ci siamo abituati a mangiare solo una parte dei cibi, filetti di animali e pesci, a scartare le bucce di frutta e verdura, eliminare le foglie. Eppure, posto che vogliamo mangiare animali, tutte le loro parti hanno la stessa dignità e proprietà, cosa che avviene anche per gli ortaggi, basta sapere come utilizzare gambi, steli, e bucce per diversificare la varietà di consistenze e sapori, e aumentare l’apporto nutrizionale, soprattutto di vitamine e sali minerali. Condizione necessaria è avere materie prime di qualità, che escludano l’utilizzo di additivi chimici in campo e nella conservazione. L’investimento più alto sarà perfettamente ripagato dalla maggiore quantità di prodotto a disposizione. Qualche esempio? Le bucce di verdure sono ideali per i brodi, oppure condite e messe al forno sono snack golosi, le foglie delle carote sono perfette per le frittate, oppure per aromatizzare l’insalata. I baccelli dei piselli diventano creme delicate e deliziose.

Il recupero delle eccedenze. Con un uso razionale delle provviste, tanto dovrebbe bastare. Ma la nostra vita è sempre meno prevedibile e capita che nelle nostre case vi siano degli avanzi, come un piatto già cucinato, il pane, le croste di formaggio. Il recupero renderà giustizia anche a ciò che potremmo considerare scarti, ma che nella realtà sono preziosissimi ingredienti. Per fare pochi esempi, il pane raffermo è l’ingrediente principe della cucina del recupero, così come della cucina tradizionale: polpette, knodel, gnocchetti, gazpacho, panature sono solo alcune delle possibilità di riutilizzo delle sovrabbondanze del nostro pane. La pasta di ieri può essere la base di frittate, oppure rimpastata, oppure ancora saltata in padella rinnovando gli ingredienti. Frutta e verdure un po’ appassite o surmature sono perfette per fermentazioni e conserve.
Da tutto ciò si evince che, come per qualsiasi cosa, non si finisce mai di imparare, perché la questione è unire l’esperienza, alla tradizione e alle conoscenze tecniche, tecnologiche e biologiche, senza dimenticare la creatività. Per nostra fortuna il grosso del lavoro lo fanno cuochi e chef, da cui possiamo sorgere idee e ricette a piene mani!